il mio colore è il vostro...
ALBERTO GARUTTI

Testo critico: Massimiliano Sabbion

07 ottobre 2017 - 02 dicembre 2017
Viaggio 10 - opere da collezioni private

È un compito arduo ottenere ed uscire dagli spazi preposti e deputati all'arte per far sì che l'arte stessa possa mostrarsi e parlare un linguaggio se non unico, almeno legato al sentire comune.

Forme e colori che si “impossessano”, grazie all’arte, non solo nei luoghi eletti, ma diventano un’occasione per mostrare la contemporaneità anche fuori dai circuiti conosciuti fatti da fiere, musei e gallerie.

Educare all’arte significa mettere l’accento su siti che molto spesso si danno per scontati, dove quasi nessuno si accorge della presenza e della bellezza locale intrisa di storia e cultura.

È forse un compito arduo uscire dagli spazi preposti per far sì che l’arte diventi pubblica e si mostri a tutti, arrivando a creare una convivenza tra passato e presente nelle piazze, nei luoghi e negli edifici che pulsano storia e passato.

A volte è necessario che ci sia un artista esterno e magari estraneo al luogo per riuscire nell’intento di colloquiare con gli spazi attorno capace poi di dare evidenza sia al posto, sia mettendo in scena una nuova espressione tematica e artistica.1

Molti artisti che fanno arte pubblica spesso dimenticano lo spazio circostante e arrivano ad occupare l'area cittadina senza tener conto del territorio, delle storie che si relazionano tra loro, del paesaggio e del segno che il lavoro di un artista imprime nel luogo.2

Nascono frequentemente poi pareri opposti e contrastanti: sicuramente c’è chi si lamenta che lo spazio è così “deturpato” dalla presenza di “cose moderne” sui luoghi sacri dell’arte, ma quando mai uno spazio si rovina quando si installano opere d’arte? Perché il passato e il presente non possono trovare armonia e convivenza? Ritorna alla mente l’affresco di Massimo Campigli eseguito tra il 1939 e il 1940 presso la sede di Palazzo Liviano dell’Università degli studi di Padova, qui sono raffigurati i giovani dell’epoca che svettano sopra le macerie del mondo passato, il significato simbolico e iconografico è palese: per conoscere il presente e viverlo è necessario conoscere il mondo antico e soprattutto poggiare le basi senza dimenticare ciò che si è stati, anzi, contribuendo a valorizzare il passato e le opere.3

L’arte e la cultura sono un bersaglio mobile alla quale rivolgere attenzioni e disattenzioni spesso con rabbia e con poca riflessione perché considerata qualcosa di superfluo nella vita quotidiana.4

L'arte pubblica, così denominata quando entra in gioco la sua specifica creazione/presentazione in fruizione dell'arte nel tessuto sociale e urbano, diventa comunicazione visiva con lo spettatore chiamato costantemente in causa ed è la base per la conoscenza delle opere create da Alberto Garutti.

L'aspetto di ricerca dell'artista non si esaurisce in un'unica visione e soluzione liquidata sotto la formulazione di "arte pubblica", non si tratta solo di uno studio di collocazione e di creatività nei luoghi deputati, ma il trasferimento di un pensiero, di un'idea e un concetto che si fa visivo e vivo.

Valorizzare la storia, vivere il presente e pensare al futuro, forse è in questa consapevolezza che sta la convivenza di più culture e idee: pensare al passato, vivere l’oggi e gettare lo sguardo su quello che avverrà, senza discussioni, senza polemiche.

Sempre più l'emozionalità è affidata alla voce delle cose che più che imprimere esprime, si segnano nel tempo e col tempo le visioni che elevano lo spirito senza bisogno di dare nessuna classificazione alle cose, così come non è necessario etichettare o porre didascalie per dare un titolo all'opera, nel nome di una semplicità interpretativa, ma che non guida lo spettatore e lascia lo spazio aperto alle vibrazioni di un'anima chiamata in causa.

La creazione di un'opera da parte di Alberto Garutti si concentra in ogni suo passo attraverso una fase emozionale che si manifesta poi nella visione finale posta agli occhi di chi guarda.

La creazione è fantasia, è rapporto interiorizzato che trova nei materiali e nelle materie la sua univoca manifestazione, l'oggetto scultoreo diventa un tocco, un segno che si blocca e che si crea, si plasma fino ad essere tangibile e palpabile.

La creazione è quindi la base della produzione dell'artista, è la viva presenza di una sacralità che sfocia nel mondo mistico in cui la vibrazione dei sentimenti e dell'anima arriva ad un colloquio interiorizzato con il fruitore.

Supporti e materiali compongono segni accennati e rielaborati, si riconoscono poi nelle immagini che sono nate per mezzo di un lavoro da cui parte la trama di un filo, di una linea che è alla base delle sue creazioni: "La linea contiene l’idea di disegno, e il disegno, in quanto prima formalizzazione di un’idea, contiene l’idea di progetto. La linea è anche metafora di una relazione, della connessione tra due punti. Mi interessa come le cose siano in relazione tra loro, e come ognuna sia la conseguenza di un’altra."5

La linea diventa la base di tutto, segna un percorso, affronta un orizzonte che si estende e separa, per mezzo di un filo narratore, di un tracciato, l'autore sceglie di interpretare il legame tra sé e il mondo e racconta una storia, che diventa la metafora dell’universale.

Allo spettatore, al pubblico, è chiesto di partecipare attivamente creando nuove relazioni, percorrendo un cammino tra immagini e oggetti creati.

Un principio in divenire che si ritrova nella serie Orizzonti, lastre di vetro di diverse formati e dimensioni, dipinte sul retro per metà con pittura bianca e per metà nera.

Sono opere che attestano relazioni e strutture sociali che si vanno a formare in base al rapporto che intercorre con un committente/collezionista e l'artista come se, nell'unione ipotetica e futura di tutte le lastre, si potesse simbolicamente dare una forma e un'immagine ad un unico asse di tutti i legami professionali e affettivi della carriera di Garutti.

"Quando qualcuno mi chiede se faccio ancora i cristalli degli “orizzonti” come quelli della Biennale di Venezia, rispondo dicendo che continuo e continuerò a farli.

Infatti, quando realizzo una linea, penso sempre che sia la continuazione di quella linea dell’orizzonte che passa attraverso le case dei collezionisti che posseggono questo lavoro. Immagino questa linea che entra in una casa e poi esce da essa, fino a congiungersi a quella che è nel mio studio o che sto per realizzare. Immagino questa linea che entra in una casa e poi esce da essa, fino a congiungersi a quella che è nel mio studio o che sto per realizzare.

È la costruzione ideale dell'“orizzonte che accompagna la mia vita”. È per questo che il mio progetto si propone di poter un giorno riunire tutti questi quadri, e dopo averli allineati uno accanto all’altro, poter costruire così una lunga linea, mai vista prima. Tutti i nomi dei collezionisti, che sono davvero amici perché sono coloro che amano e difendono il lavoro, sono elencati cronologicamente ed appaiano così come parte integrante del progetto. L’opera si costituisce dunque secondo un principio “sentimentale”.

“Le persone che amo sono l’orizzonte vero della mia vita”."6

L'orizzonte è dunque una linea che apparentemente separa la terra dal cielo, una linea che divide tutte le direzioni visibili, ma è una labile divisione visiva perché il suo congiungimento si estende all'infinito.

Una visione di questo unico "filo conduttore" dato dal rapporto dell'artista con il pubblico che si ritrova nei lavori come Matasse, nelle opere Alberto Garutti si parla di "paesaggio emotivo", perché si è davanti ad un'arte emozionale che vive attraverso le relazioni e i rapporti che intercorrono costantemente nella vita dell'artista.

La distanza e la separazione da un luogo ad un punto preciso sono alla base delle bobine di filo di nylon colorato che intercorrono nelle opere realizzate dal 1997e che raccolgono la lontananza dalla casa dell'artista al sito dove si trova l'esposizione o la casa dei committenti: è una vicinanza che si realizza attraverso un materiale palpabile che simboleggia il distacco tra i due luoghi, uno spazio, un'unità di misura che si relaziona, ancora una volta, nel rapporto tra arte e vita.

Trame che regalano storie, emozioni e sensazioni che si intrecciano e tutto questo succede in un mondo, quello contemporaneo, che è sempre più popolato e dominato dai rapporti e da nuovi tessuti sociali che si sviluppano con i social network e dal web che, non a caso, è chiamato “rete”, in un rimando lessicale fatto di linee che si intersecano, si accavallano, si legano e slegano e diventano un orizzonte fatto di contatti e spazi virtuali che si correlano l'un l'altro, quasi a diventare un unico filo capace di segnare la strada percorsa come un moderno filo d'Arianna.

Un universo di relazioni si apre alla realtà circostante, un insieme di rapporti che sovvengono con lo spazio, i luoghi, le storie raccontate, le infinite possibilità di contatto tra gli uomini.

La realtà indagatrice dell'opera di Alberto Garutti è un processo di infinita e continua ricerca che si fonde sulle relazioni dove "l’artista diventa “curatore della realtà”, lo spettatore diventa committente, l’arte diventa regia della realtà".

Il vivere quotidiano, il rapporto con la realtà che circonda gli ambienti e chi li abita si ritrova nelle opere Specchi forati, un'analisi del proprio Io riflesso nella superficie che indaga lo spazio in cui vive l'artista: i fori realizzati sulle superfici segnano il profilo di oggetti di arredo presenti nel soggiorno dell'artista e, riflessi nello specchio, si manifestano nello spazio all'infinito, allargando in questo la visione verso un mondo riflesso che si fronteggia con un mondo reale.

Lo specchio, come scrive Garutti, "è immagine solo quando qualcuno o qualcosa gli si para davanti. Lo specchio è il vuoto assoluto ed anonimo, appartiene alla casa, convive con essa in una condizione di indifferenza. Solo lo sguardo lo rende partecipe dell’esperienza dell’arte; il pensiero si ferma su di lui soltanto se gli occhi hanno visto la stanza nel rovesciamento che esso ci propone."7

Quante storie si raccontano con l’arte?

Quanto si riesce a plasmare con i materiali e quanto e come si ferma un racconto emozionale per mezzo di un'immagine e di un'idea?

Quante relazioni intercorrono tra l'opera, l'artista e lo spettatore?

Quante parole e sguardi si posano all'orizzonte?

Nonostante si pensi continuamente e costantemente con razionalità nelle cose, la mente poi spicca il volo perché la realtà arriva a nascondersi e a vibrare tra le anime che si cercano e completano.

Si lascia una traccia, una linea o un foro oggi perché sia visto domani, perché si svolga una relazione tra i committenti/collezionisti e l'artista, questi sono segni che tracciano un viaggio, un percorso storico dinanzi al domani, questa è la sensibilità artistica di Alberto Garutti.

Si raccontano storie con l’arte, storie di persone e di artisti che sembrano non smettere di essere mai curiosi, di vedere il mondo sempre e costantemente diversamente dalla e con la realtà.

Recita un detto: “Per quanto tu possa essere razionale, ci sarà sempre una favola alla quale finirai per credere”, a suo modo anche l’arte crea un mondo, a volte è di illusione, altre di favola, altre riflette il quotidiano e l'artista si trova a copiare la realtà restituendola con la delicatezza che riesce a tradurre, ciascuno poi trova e vi vede un suo percorso che si traccia lungo una nuova prospettiva, lungo un orizzonte da completare e aggiungere.

 


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