Giulio Turcato

Biografia

Giulio Turcato nasce a Mantova nel 1912. Negli anni Venti si trasferisce a Venezia dove frequenta il Ginnasio, la Scuola d’Arte, il Liceo Artistico e la Libera Scuola del Nudo. Le prime nature morte e i primi paesaggi, infatti, sono databili al 1926. Gli anni Trenta lo vedono esporre in collettive dislocate tra Venezia e Firenze. Nel 1937 si trasferisce a Milano, tiene la sua prima personale e lavora come disegnatore e mosaicista nello studio dell’architetto Muzio. A cavallo tra il ’42 e il ’43 torna a Venezia e, qui, insegna disegno alla scuola di avviamento professionale di Portogruaro. Nel 1943, tuttavia, si trasferisce a Roma e, pur impegnato nella Resistenza, non declina l’attività pittorica. Nel 1945 assieme a Prampolini, Fazzini, Jarema, Savelli, Mafai, Corpora, Consagra e Perilli, sulla scia della grande quantità di gruppi artistici e culturali fondati negli anni del Dopoguerra, costituisce la prima associazione d’arte italiana; l’Art Club. Questi incarna uno spazio ove gli artisti possono esporre e confrontarsi, abbracciando l’idea di una comunità artistica internazionale mossa da un linguaggio innovativo e universale. Nel 1946 firma il manifesto della Nuova Secessione artistica Italiana (ribattezzato, successivamente, Fronte Nuovo delle Arti). Sotto la guida del critico Giuseppe Marchiori, il gruppo si pone come obiettivo la ricerca di un credo estetico comune in grado di disfarsi dei retaggi fascisti partecipando, così, alla ricostruzione del paese. Nel dicembre dello stesso anno, Turcato è coautore, insieme a Fazzini, Guttuso e Monachesi, del Manifesto del neo-cubismo, che esprime l’esigenza di raffigurare la realtà attraverso un “rinnovamento del linguaggio”.

Il 15 marzo 1947, inoltre, compare tra i fondatori del gruppo Forma; un collettivo che dichiara di praticare un’arte non solo marxista ma anche formalista, reagendo così all’estetica conservatrice del PCI. Dopo un mese, viene pubblicato l’unico numero della rivista “Forma 1” contenente un articolo recante la firma di Turcato, dal titolo Crisi della pittura che, tra le righe, lamenta la mancanza di innovazione in Italia e la sua nostalgia per un passato antiquato. Solo nell’ottobre del 1947 ci sarà la mostra inaugurale di Forma 1 che si tiene presso l’Art Club e presenta opere di Turcato, Consagra, Dorazio, Guerrini, Maugeri e Perilli. A giugno dello stesso anno, dopo aver partecipato alla Prima Mostra del Fronte Nuovo delle Arti a Milano, alla Galleria della Spiga, l’artista diventa ufficialmente un Frontista. All’interno della suddetta mostra, il critico Corrado Maltese presenta quattro delle sue opere interamente aniconiche (Composizioni) del 1947. Turcato ripropone questi pezzi un anno dopo in occasione della mostra del Fronte Nuovo delle Arti, allestita nel Padiglione Italiano della prima Biennale di Venezia dopo il 1942. Questa liberazione dei vincoli della figuratività è breve, e termine con l’avvento del primo Cominform nel settembre 1947, e del suo incontro parallelo, tenutosi nell’ottobre 1948. Sempre nel 1948, Turcato viene inviato in Sicilia, assieme ad altri artisti, tra cui Guttuso e Armando Pizzinato, per assistere all’occupazione delle terre incolte e fornirne testimonianza pittorica. I dipinti che realizza in questa fase rivelano la potenza visiva adottata nell’abolizione totale di un qualsiasi sentimentalismo; l’artista riesce a mantenere un equilibrio tale da evitare la retorica e il pathos richiesti dal PCI e, al contempo, attenendosi al modello illustrativo e propagandistico in linea con gli editti del PCI.
Il coinvolgimento di Turcato nell’attivismo comunista si rinnova nell’agosto 1948 quando visita la Polonia come membro di un gruppo di 40 delegati al Primo Congresso Globale degli Intellettuali per la Pace, tenutosi nell’allora Breslavia e il cui scopo era di rinforzare ulteriormente la rigida ideologia culturale del PCI. Durante il suo soggiorno in Polonia, l’artista visita Cracovia, Auschwitz, Lodz e Varsavia. Dal viaggio aereo verso la capitale bombardata trae ispirazione per la prima versione di Rovine di Varsavia, presentata nel 1949, che gli vale ancora una volta le lodi del PCI, in quanto artista pronto a ignorare la precedente, deviante fase astratta della Biennale del 1948.
Nell’autunno 1948, il PCI assume una posizione più che mai conservatrice riguardo all’arte. Roderigo di Castiglia, alias Palmiro Togliatti, firma una recensione negativa sulla collettiva Prima Mostra Nazionale d’Arte Contemporanea tenutasi a Bologna, a cui partecipava anche Turcato, definendola una “raccolta di mostruosità”, nel tentativo di allontanare gli astrattisti dal PCI e di eliminare alcune tendenze stilistiche ritenute inaccettabili fra gli artisti comunisti.
Per chiarire la propria posizione dopo gli eventi di Bologna, Turcato, Corpora e Consagra organizzano una contro-mostra alla Galleria del Secolo, nel gennaio 1949. Questa scelta, che prefigura lo scioglimento e, infine, l’estinguersi del Fronte Nuovo, permette agli artisti di differenziare la propria arte ibrida all’interno della contesa, ancora in corso, fra astrattisti e realisti.
Negli anni della Guerra Fredda, l’opera di Turcato rispecchia nuovamente quell’attaccamento all’ideologia comunista che aveva già manifestato intorno alla metà degli anni Quaranta. Nel 1950, l’intervento degli Stati Uniti in Corea, contro la Cina e l’Unione Sovietica, provoca un’indignata sollevazione dei comunisti in ogni parte del globo. Insetti dell’epidemia (1952), una delle opere più surrealiste di Turcato, fa riferimento all’accusa comunista per cui le forze americane nella Corea del Nord avrebbero attaccato con armi biologiche, accusa successivamente smentita e svelata quale parte integrante di una campagna sovietica di disinformazione. 

Nel 1952, di fronte alla depressione del mercato artistico, l’Italia lotta per un riconoscimento da parte della comunità artistica internazionale. Il critico Lionello Venturi invita Turcato, Afro, Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso e Vedova a unirsi al suo Gruppo degli otto. Turcato espone cinque pezzi alla Biennale del 1952, fra cui un’opera ispirata dalla Guerra di Corea: Massacro al Napalm (1952), oltre a Insetti dell’epidemia. Una svolta, di fatto, arriva nel 1954 quando l’artista presenta alla XXVII Biennale del 1954 il Ricordo di San Rocco che, nel suo essere, raffigura un santo ricoperto di banconote. L’opera altro non è che un’ironica allusione al valore simbolico del denaro, ma anche alla sua attuale mancanza di valore. In tal modo, rigettando i precetti del realismo socialista, l’artista sembra anticipare l’Arte Povera.

Appare difficile risalire con precisione alla data in cui Turcato abbandona il PCI. La critica, tuttavia, individua nel 1956 l’anno di rottura. A partire dalla serie del Deserto dei Tartari,il suo stile pittorico inizia ad abbraccia l’informale, pur mantenendo labilmente accenni figurativi che è possibile rintracciare anche in alcune operazioni degli anni Settanta, come ad esempio La Passeggiata (1972).

Dopo aver abbandonato gli ideali del PCI, l’arte di Turcato rivolge completamente a quell’astrazione attraversata da rappresentazioni oniriche; il filo rosso con il passato è da individuarsi nella ricerca sul colore. Per l’artista è stato senz’altro segnante il viaggio compiuto in Asia, affascinato dagli ideogrammi cinesi, riconosce in essi delle vere e proprie rappresentazioni formali dell’espressione e, di fatto, non appaiono lontani dall’avventura informale che ne aveva caratterizzato la poetica negli anni precedenti.

Le esposizioni in Italia e all’estero hanno fatto convergere gli occhi della critica sull’artista mantovano. Grazie all’attenzione di figure come Venturi o Enrico Crispolti, il riconoscimento di Turcato raggiunge l’apice quando, nel 1958, gli viene offerta una stanza personale alla XXIX Biennale di Venezia, dove vince il premio nazionale Commissariato per il turismo.

Gli anni Sessanta lo vedono alle prese con la sperimentazione di una sorta di neo-dadaismo dove si concentra su di una fase più concettuale e ironica della sua poetica.

Continuità è l’ultimo gruppo a cui, nel 1960, Turcato si unisce e il promotore di questo, altri non è che Giulio Carlo Argan. Grazie al supporto di quest’ultimo, nel 1961, l’artista ottiene una personale presso il New Vision Centre di Londra

Gli anni del boom economico incarnano un forte ascendente sullo stile di vita della penisola italiana e sulla sfera economica personale. Tuttavia, a colpire l’attenzione dell’artista non sarà tanto l’economia, quanto piuttosto l’astronomia e i voli spaziali. Nel 1961, dopo le esperienze attorno alla terra del cosmonauta sovietico Yuri Gagarin e dell’astronauta statunitense Alan Shepard, approda ad operazioni come Astronomica , Cosmogonia e Tranquillanti per il mondo.

Quando nel 1964 Robert Rauschenberg vince la Biennale di Venezia con i Retroactive I, Turcato produce la prima delle sue Superfici lunari, realizzata mediante strisce riciclate in gommapiuma che avevano il compito di rievocare la superficie lunare.

Negli anni Settanta un viaggio in Kenya regala all’artista l’ispirazione necessaria per creare le sue prime operazioni scultoree che, nel 1972, verranno presentate alla Biennale di Venezia come Oceaniche.

Il suo essere un artista poliedrico e versatile lo spinge anche a cimentarsi nell’ambito del teatro; nel 1972, infatti, è coinvolto nella realizzazione delle scenografie del dramma Il Momento di Giuda, presentrato al Teatro delle Muse di Roma.
Le operazioni degli anni Ottanta e primi Novanta non furono limitate all’astrazione come riflessione soggettiva ma miravano a quella che l’artista definiva “un’altra dimensione”; sviluppa così la sua ultima serie delle Cangianti. Questi fanno parte del lavoro dell’artista sui pigmenti fosforescenti, che rendono visibili i quadri nell’oscurità.
L’ultima personale dell’artista, Vedendo, risale al 1992 ai Banchi Nuovi a Roma dove mise in mostra gli ultimi quadri della sua produzione. Nel 1994, infine, le sue opere furono incluse nella mostra di Germano Celant The Italian Metamorphosis: 1943 – 1968 al Museo Guggenheim di New York.

Giulio Turcato muore a Roma nel 1995.